QUOT 6

Illusioni: il mondo ne è pieno. Spesso, per non azzardare un sempre, la realtà si nasconde per quella che è e gioca con la vista e con la mente dell’uomo. Chissà quanti oggetti subiscono metamorfosi e distorsioni tanto che la loro interpretazione non risulterà mai essere uguale. Pareri discordanti su toni di colore, forme e sapori sono il frutto della diversità con cui la natura si rivela e con cui si prende gioco dell’ingenuità di viventi che sfruttano le sue potenzialità ma ahimè, non ne riescono a comprendere l’essenza più vera.

QUOT 5

Vastità di un paesaggio davanti a cui gli occhi non hanno di che dubitare sul da farsi: è giunto il momento dell’abbandono al rilassamento. Rilasciando sacchi di tossine annerite da pensieri accumulati, risulta infinitamente dolce smarrire il dove, il come, il se, protagonisti indiscussi del vivere comune. Mai perdere l’occasione unica della contemplazione di un panorama poiché ognuno di essi ha in serbo segreti inauditi i quali non fanno che rendere più intrigante una vita troppo spesso percepita come monotona.

QUOT 4

Che effetto farebbe indossare le ali di un gabbiano? Poter volare e sorvolare, avvalersi del privilegio di una visione dall’alto. Tante formiche brulicano sulla superficie variegata e si inseguono sembra quasi senza scopo. Il vento pettina la piume che si lasciano cullare dalle onde del mare. Pensieri evadono ed evaporano, si depositano sulla riva e all’occorrenza risalgono la corrente. Un indumento da veri sognatori: ecco perché non ne esistono taglie per l’uomo.

res-ti-amo

Un sorriso gelato, un occhio velato, tutta te che mi sorride e mi guarda.

Un sorso di tè, una spolverata di zucchero a velo, tutto te che profuma.

Tutto il resto è un rumore lontano.

Un grido di paura, un brontolio di pancia, tutta te che mi parla.

Un grado di distanza, una danza estiva, tutto te che mi s’avvicina.

Tutto il resto è un rumore lontano.

Io che ascolto melodie melanconiche.

Io che ascolto silenzi sintetici.

Noi che ascoltiamo il rumore più vicino che c’è,

restiamo semplicemente io e te.

QUOT 3

Un sasso tra mille sassi che differenza può fare? Davvero qualcuno sarà in grado di notarlo? Deve possedere una particolare qualità affinché gli occhi di uno spettatore casuale comincino a brillare alla vista dell’oggetto rotondo. È possibile distinguersi dai propri simili? Non dico uguali, ma simili. Quindi ci sarà sempre pur qualcosa che ci diseguaglierà.
Sassi in salvo simulano situazioni simbiotiche.

QUOT 2

Questione di metà. Metà bianco, metà nero. Quale sia il giusto punto per raggiungere l’equilibrio perfetto forse non lo sa nessun abitante di questa immensa terra. Ci vorrebbe un equilibrio in tutto ma spesso è impossibile anche perché equilibrio è sinonimo di perfezione. Può una mela essere davvero interamente verde? Può ogni singolo capello di una folta chioma essere lungo parimente? Non esiste il giusto, il mezzo. Forse sarà per sempre, o quasi, questione di grigio.

QUOT 1

Blu a non finire in questo mattino di metà settembre. Un blu contento di tinteggiare una giornata qualunque. Sorride e consola, non mormora e si mostra per quel che è. Sincero, non illude. Non si fa corrompere neanche dai fili della luce: rimane intatto, compatto. E intanto quei fili trasmettono, collegano, danno energia. Lavorano i rapporti sotto questo blu che spera, forse invano, che la sua limpidezza invada i cuori inariditi di coloro che non hanno neanche il coraggio di alzare lo sguardo per osservarlo. Probabilmente hanno solo paura di poter cadere preda di fantasie e sogni, hobby che ai tempi d’oggi sono banditi.

P O I

F a  N i e n t e se P O I trovi in cantina un P a r a c a d u t e, lo indossi e un sorso d’ A c q u a  M i n e r a l e ti scende giù in gola glu-glu ma non riesci a sciogliere il D o p p i o  N o d o che chissà chi ha intrecciato. Le T u b a t u r e dell’organismo si tappano, il respiro e un sospiro d’affanno: vuoi ancora stare ore ed ore sul balcone per cercare di migliorare l’ A b b r o n z a t u r a? T’importa soltanto della tua immagine di bella col sole in fronte. E a me cosa resta se non una piccola finestra?  L e  F o t o  N o n  M e  L e  F a i  M a i . Foto di te, storie di te.

F a  N i e n t e se P O I te ne stai in disparte a guardare il gatto che fa come te l’indifferente, i vestiti che indossa la gente, il fumo che esala dalla mia mente.

F a  N i e n t e se P O I decidi di non uscire, vagare col pigiama a pallini per casa, rimpinzare lo zaino di ogni cosa, lavare la bici di corsa, preparare un piatto di pasta corta.

Con me fai tante storie, ma ne hai sempre poche da raccontare.

Col mondo ti inventi tante storie, ma ne hai sempre poche da dimostrare.

Tuffati senza costume da bagno nella piscina gonfiabile dei vicini. Non c’è  N i e n t e  D i  S t r a n o  a spogliarsi dei propri inganni, a lasciar scivolare via il nero finto dalla pelle. Tutt’al più succede un P a t a t r a c.

pie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Giorgio Poi e i titoli delle canzoni dell’ album “Fa Niente”)

bacia brucia ama USA

bacia

Socchiuse, due paia di labbra si sono incrociate, slegate, serrate. Ricordano il mare quando incontra la sabbia sulla riva: singoli colori e calori in collisione in un unico tremore.

brucia

Tremanti, due cuori si scontrano affranti. L’incomprensione a braccetto con la diversità, dame di compagnia sotto un ombrellino di pizzo al riparo dal sole scottante di agosto.

ama

Agognati, i momenti di spensieratezza a rincorrersi nei campi di papaveri con le mani stracolme di fragole rosse. Amalgamate in un frullato da bere in un sorso, il sapore di buono espanso nell’aria.

USA

Arrivati, le strade si diramano. I segnali lampeggiano, confondendo anime in travaglio. Per sbaglio, sguardi voltati verso un paese lontano, di tuberi fritti e stelle e strisce.
Due biglietti, un bacio, due cuori, una strada.

Un po’ ci si am(eric)a, un po’ ci si USA.

 

(Bacia brucia ama usa– Leo Pari)

schiu(di)maggio

Schiuma di caffellatte​ galleggia in un bicchiere di carta accaldato. Fa tanti ghirigori quando il cucchiaino la pizzica dolcemente. Fa tante bollicine quando la strapazzano due mani affrettate. Fa tanti sbuffi quando un paio di labbra infreddolite le si accostano caute.

Finalmente una pausa. Stop. Arriva il momento d’arresto, ma del resto nessuno desiste fino in fondo. Fondali ricolmi di cuscini, strabuzzano di tappeti su cui riposare. Riponendo la testa di fianco, vedi il mondo tagliato a metà, tutto è appiattito, cielo e mare un minestrone blu. Una melodia blues pettina i capelli sonnecchianti, districando nodi di noi. Noi-no-oi-io. Senti solo il tuo respiro ritmicamente scandito, scandagli i minuti con un tamburello a sonagli. Suona qualcuno gli archi, architetta un potente sonnifero per una pausa. Una pausa: secondi pizzicati, ore strapazzate, mesi sbuffati.

Schiuma di caffellatte svanita con qualche sorseggio rumoroso. Bolle nello stomaco ballano tra sberleffi e sberle. Sono come bachi metamorfici, liberando le ali colorate, diventando farfalle assonnate.

 

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